Origin

 

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L’ultimo romanzo di Dan Brown affronta un tema molto antico e attuale al tempo stesso: “Da dove veniamo? Dove andiamo?” A mio avviso, ha andamento ondivago ma il lettore non si stacca perché è troppo curioso di conoscere la risposta.

 

 

La prima impressione? Un fantastico e accurato spot pubblicitario alla Spagna e a Barcellona.
Sto parlando di Origin, l’ultimo romanzo di Dan Brown che affronta un tema molto antico e attuale al tempo stesso: “Da dove veniamo? Dove andiamo?”

Ogni singolo evento è costruito in modo da descrivere nei minimi dettagli luoghi molto suggestivi della città catalana con particolare attenzione alle costruzione di Gaudì. Infatti, molto spazio è dedicato alla Sagrada Familia, La Pedrera, Casa Batllò dove vengono ambientati parti del romanzo, ovviamente sempre in modo molto spettacolare, con le modalità amate dall’autore americano. C'è unale-scale-a-chiocciola scena sulla scala a chiocciola che fa davvero paura. Anche le opere dell’urbanista Ildefons Cerdà vengono ampiamente tratteggiate.

Seconda impressione: Dan Brown si spende molto nei confronti della scienza, della tecnologia e dei grandi visionari. E qui non scrivo nulla perché anche il minimo dettaglio potrebbe togliervi il piacere della sorpresa.

Come è mia consuetudine non vi racconterò la storia, del resto la trovate in tutte le recensioni, preferisco soffermarmi su altri aspetti; ad esempio il professor Langdon appare più “tranquillo” anche se compie azioni degne dell’Uomo Ragno e di Superman. Vi assicuro che sarà molto divertente vedere la trasposizione cinematografica, perché sono sicura che arriverà in tempi brevi.

Rispetto alla trama, posso dire che parte molto bene ma poi, a mio avviso, perde un po’ di incisività anche se i colpi di scena non mancano. L’andamento è un po’ ondivago ma i lettori restano incollati fino all’ultima pagina perché sono troppo curiosi di leggere la risposta alle domande iniziali.
Purtroppo da editor, ho trovato parecchie ripetizioni e una consecutio temporum molto discutibile. Anche le grandi case editrici possono sbagliare.

 

 

 

 

 

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