Storia dell’omofobia

Storia dell'omofobia

Il saggio di Paolo Pedote va all’origine della persecuzione del “diverso”. Per capire meglio abbiamo rivolto alcune domande all’autore.

 

 

Di omofobia si parla spesso, purtroppo per condannare aggressioni fisiche o verbali, Paolo Pedote ha sentito la necessità di scrivere un saggio. Per comprendere meglio le ragioni di questa scelta LeggereOnline News ha rivolto alcune domande all’autore.

D. Perchè un libro sull'omofobia?
R. Primo, nel panorama editoriale "del mondo" non esisteva un libro che fornisse uno sguardo d'insieme sulla Storia dell'omofobia.
Secondo, mi sono domandato che cosa potesse essere utile a un insegnante, a un genitore o a un fratello grande che, di fronte ad un episodio di bullismo omofobico, volesse spiegare a un ragazzo perchè l'omofobia non è altro che un pregiudizio razzista, una gabbia ideologica da combattere.
L'aspetto divulgativo del libro è infatti il suo tratto essenziale. Questo è un libro che tutti posso leggere tranquillamente. Le tracce biografiche sono l'elemento che piano piano ci fanno attraversare i secoli, dalla Bibbia ai giorni nostri.

D. Credi che una legge ad hoc possa contribuire a combattere l'omofobia?Paolo Pedote

R. Ogni dispositivo culturale, come è l'omofobia, non lo risolvi con una legge. Esattamente come il problema del maschilismo eterosessista del potere, non lo risolvi con le quote rosa. Alle donne devi solo dare spazio e dignità. Il resto sono chiacchiere, aria fritta.
In Italia dunque basterebbe estendere la legge Mancino per dare gli strumenti legislativi al Magistrato che intende perseguire azioni omofobe. Una legge ad hoc serve solo a chi la scrive per brillare di luce nel suo Partito.
In Italia invece ora servono leggi a favore dei diritti civili e meno politici omofobi, una maggiore laicità e senso civico. L'omofobia per me si combatte in questo modo.

D. A tuo parere quanto incide la presenza del Vaticano nella mancanza di diritti per le coppie omosessuali?
R. Credo che incida al 50%, nella misura in cui l'altro 50% è costituito da una classe dirigente di baciapile. Il clericalismo è il nostro male, ma non solo per le leggi civili. Purtroppo la concezione sacra che abbiamo del potere ci rende impotenti di fronte alla corruzione, alla mancanza di senso civico, alla prepotenza, alla disobbedienza delle leggi dello Stato.
Il Vaticano è il nostro principale problema.

Il Libro 

Che cos’è l’omofobia?
In che modo si è espressa nella storia?
Perché ancora oggi le religioni e alcuni gruppi sociali non accettano la “diversità” sessuale?
Caratterizzato da uno stile agile, fresco e divulgativo, Storia dell’omofobia è un saggio di carattere storico, antropologico e politico, che mette in luce le ragioni di una persecuzione, dall’Antico Testamento fino ai giorni nostri, fornendoci gli strumenti per comprendere la natura di un “dispositivo culturale” ancora attivo.

Partendo dai libri sacri per arrivare alla censura perseguita da ogni totalitarismo, passando per i sistemi legislativi e per la disciplina del Novecento omofoba per eccellenza, la psicoanalisi, l’omofobia emerge come doloroso Leitmotiv, isteria collettiva, ma anche meccanismo spietato, fonte di morte e paura.

Un pregiudizio crudele di cui hanno fatto le spese, tra gli altri, il genio creativo di Oscar Wilde – condannato a due anni di lavori Oscar Wilde
forzati dall’Inghilterra vittoriana per la sua relazione con il giovane Alfred Douglas – e quello matematico di Alan Turing – inventore del computer e decrittatore del codice Enigma durante la Seconda guerra mondiale, sottoposto a castrazione chimica nell’Inghilterra del dopoguerra e costretto al suicidio – oltre a migliaia di anonimi perseguitati, torturati, uccisi a causa del loro orientamento sessuale.

Un libro che si rivolge innanzitutto a chi ama la storia come disciplina per conoscere a fondo l’umanità. Uno strumento prezioso per chi lavora nei settori educativi e spesso si trova a dover spiegare quali ragioni abbiano potuto motivare la persecuzione del “diverso”.

Storia dell’omofobia
Edizioni Odoya
€ 18,00
Solo in formato cartaceo



Dalla prefazione di Gian Antonio Stella

Gay, una storia di persecuzioni
Dalle punizioni corporali alla diatriba  sui bagni in Parlamento

«Tu sei un uomo, non puoi stare qui! Devi andare nel bagno degli uomini!», cominciò a urlare isterica la deputata Elisabetta Gardini, detta «Madonnina dei dolori» per i programmi con la lacrimuccia che faceva dopo essere stata promossa da soubrette a presentatrice. «All'inizio», avrebbe raccontato Vladimir Luxuria, «pensavo che scherzasse, poi mi sono resa conto che non era così. Che faceva sul serio. E mi ha anche anticipato che si sarebbe rivolta ai questori della Camera».

Era la fine di ottobre del 2006. E quel piccolo, squallido, miserabile episodio spiegava più di mille articolesse e saggi sociologici come perfino dentro il Parlamento, là dove teoricamente dovrebbe sedere l'élite culturale del Paese, resistesse ancora una callosa riottosità a riconoscere alle minoranze sessuali la piena affermazione dei loro diritti.

Certo, la transgender pugliese, che in seguito avrebbe addirittura vinto L'isola dei famosi, non corre più il rischio di fare la fine di Rolandino Bragaglia, che nel 1354 fu processato a Venezia perché, pur avendo «aspetto, voce e gesti da donna», aveva «membro e testicoli al modo degli uomini» ed era accusato di avere adescato molti che «credevano che lui fosse femmina».

E così quella di tanti altri poveretti assassinati sulla base di leggi spaventose, come il Codice teodosiano del 438 d.C.: «Tutti coloro che sono usi condannare il proprio corpo virile, trasformato in femmineo, a subire pratiche sessuali riservate all'altro sesso, e che non hanno nulla di diverso dalle donne, espieranno un crimine di tal fatta fra le fiamme vendicatrici, dinanzi al popolo». Gli statuti medievali italiani di cui scrive Paolo Pedote in questa Storia dell'omofobia, dove la puntualità della ricostruzione documentale e scientifica fa qua e là inorridire di spavento, non sono più in vigore da moltissimo tempo.

È solo un raccapricciante ricordo il Costituto senese del 1262 che prevedeva che il colpevole del «detestabile crimine sodomitico» fosse «impiccato per i genitali». E così gli statuti di Collalto e Treviso, Padova e Salò, Carpi e Viterbo, Ascoli e Cremona e Bologna. E quello di Firenze usato da Carlo II d'Angiò per liberarsi, come racconta un'anonima Cronica fiorentina del 1293, del conte dell'Acerra: «L'accusò d'essere sodomita, e gli fece ficcare un palo nell'ano facendolo uscire dalla bocca, e come un pollo lo fece arrostire».

Memorie di orrore. Ma relegarle in un passato remoto insieme con l'uomo di Neanderthal, l'antropofagia o la prostituzione sacra a Corinto sarebbe un errore consolatorio. Le pene fissate per il reato di sodomia arrivano ancora oggi a 5 anni di lavori forzati a Mauritius, 7 in Botswana, 10 in Giamaica, 14 in Zambia, Nigeria, Kenya e Tanzania, 20 in Malesia. Per non dire dell'ergastolo in Uganda e nel Bangladesh. E della pena di morte negli Emirati Arabi Uniti, in Arabia Saudita, in Iran.

In Italia non accade più? Certo. E se Palmiro Togliatti starebbe oggi più attento nelle sue battutacce su André Gide e Pier Paolo Pasolini, Maurizio Ferrara si guarderebbe bene dallo scrivere di nuovo quella sua definizione di Marco Pannella e dei radicali: «'Na manica de gente assai lasciva/finocchi e vacche ignude alla Godiva».

L'incessante catena di aggressioni contro tutti quelli che a volte appena appena «appaiono» diversi, con omicidi, pestaggi, ferimenti, è però scatenata da squadracce che si sentono in qualche modo «legittimate» da un clima omofobo. Dice un rapporto della primavera 2009 dell'Agenzia dell'Unione Europea per i diritti fondamentali che l'omofobia è sempre più diffusa, e che il Paese più omofobo in assoluto è la Lituania. Al secondo posto, però, storicamente, ci siamo noi.

Il web trabocca di aggressività contro gli omosessuali. «Meglio a destra con le escort che a sinistra con i trans». «Dio odia i gay». Ma è soprattutto l'omofobia della nostra cosiddetta «classe dirigente» a lasciare stupefatti. In ordine sparso, in questi anni, hanno detto di tutto. Piergianni Prosperini, all'epoca assessore regionale della Lombardia, spiega in un'intervista a Il Giornale: «I gay garrotiamoli, ma non con la garrota spagnola, il collare che stringe lentamente la gola. Ma quella indiana, pare degli Apache: cinghia di cuoio legata intorno alle tempie che asciugandosi al sole si stringe ancora». Francesco Storace la butta in rissa con il verde Mauro Paissan e poi dice ai giornalisti: «Quella checca di Paissan mi ha graffiato con le sue unghie laccate di rosso, io non l'ho toccato: sfido chiunque a trovare le sue impronte sul mio culo».Gian Antonio Stella

Per non dire delle ripetute sparate di Umberto Bossi: «Dobbiamo dire grazie a Veltroni che si è messo in prima fila al Gay Pride perché io sono convinto che queste cose alle elezioni esploderanno, e allora questi, i frammassoni, i Cappuccioni e i loro soci di sinistra, saranno morti: il loro mondo è finito. (...) Europa, giù le mani dai bambini! Spurcaciun. (...) Finisce che un giorno ci troviamo le città piene di pistoloni di plastica...». E come dimenticare il comunicato ufficiale, su carta intestata del ministero, emesso da Mirko Tremaglia contro Bruxelles che aveva bocciato Rocco Buttiglione quale commissario europeo per le sue posizioni pesanti sui gay? «Povera Europa, i culattoni sono in maggioranza».

Perciò è indispensabile, questa Storia dell'omofobia scritta da Pedote. Perché aiuta a collocare le cose nel loro contesto. Basti ad esempio l'indecente sparata di Giancarlo Gentilini, il «vero» sindaco di Treviso: «Darò immediatamente disposizione alla mia comandante dei vigili urbani affinché faccia pulizia etnica dei culattoni. I culattoni devono andare in altri capoluoghi di regione che sono disposti ad accoglierli. Qui a Treviso non c'e nessuna possibilità per culattoni o simili».

Perfino lui avrebbe forse qualche scrupolo di coscienza o almeno qualche imbarazzo se andasse a rileggere cosa diceva lo Statutum Tarvisii del 1313 a proposito di quei «culattoni» di cui oggi invoca la pulizia etnica.

Diceva: «Inoltre stabiliamo che se una persona si congiunga con un'altra abbandonando l'uso naturale, vale a dire maschio con maschio (dai quattordici anni in su), e femmina con femmina (dai dodici anni in su), compiendo il vizio sodomitico che viene detto volgarmente buzeron o fregator, e ciò sia stato accertato dal podestà, quella persona trovata in tale situazione, se fosse un maschio, sulla piazza del Carubio, spogliato di ogni indumento, sia appeso sopra un palo in quella piazza, con il suo membro virile trafitto con un ago o un chiodo, e cosi rimanga li tutto il giorno e la notte seguente sotto buona custodia, e poi il giorno seguente sia bruciato fuori dalla città».
Gian Antonio Stella
(Corriere della sera il 07 novembre 2011)

Chi è Paolo Pedote:
scrittore e giornalista, storico del costume, è laureato in Filosofia all’Università Statale di Milano, ha curato diverse rubriche per Radio Popolare e per Radiocittà Fujiko e ha collaborato con L’indipendente, Pride e Paradisodegliorchi.it.
Ha scritto numerosi libri, tra questi: Omofobia (2003, con Giuseppe Lo Presti), Come in un film di Almodóvar (2006), 101 motivi per credere in Dio e non alla Chiesa (2010), La Chiesa del peccato (2010).


Chi è Gian Antonio Stella:

inviato ed editorialista del Corriere della Sera, scrive di politica, cronaca e costume. Ha vinto numerosi premi giornalistici tra cui l'È, il Barzini, l'Ischia e il Saint VincentTra i suoi libri più famosi, scritti insieme a Sergio Rizzo, La casta. Così i politici italiani sono diventati intoccabili (Rizzoli 2007), Licenziare i padreterni. L'Italia tradita dalla Casta (Rizzoli 2011), oltre alla sceneggiatura del film Silvio Forever (2011). Il suo Negri, froci, giudei & Co. L'eterna lotta contro l'altro (Rizzoli 2009) presenta un ricchissimo e inquietante quadro d'insieme del rapporto col "diverso" nella storia.

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