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La pena di morte italiana

La pena di morte italiana

 

Quello di Samanta Di Persio è un libro “scomodo”. L’autrice affronta il tema delle morti in carcere, quelle note e quelle che non sono mai finite sulle pagine dei giornali.



La pena di morte italiana edito da Rizzoli è un libro ricco di spunti, non affronta solo il tema delle morti in carcere. Nelle 243 pagine l’autrice Samanta Di Persio approfondisce anche le morti di uomini e donne che non sono mai finiti sulle cronache dei giornali.

Niki Aprile Gatti è un ragazzo incensurato di 26 anni, nel 2008 viene arrestato a San Marino per presunta frode informatica. Inspiegabilmente viene tradotto nel carcere di Sollicciano (Fi). Questo carcere viene considerato fra i più duri d’Europa, la madre Ornella Gemini racconta con dovizia di particolari tutti i passaggi che non tornano perché il figlio non si è suicidato. In molti casi vengono fatte analisi e contro analisi, affinché si possa dimostrare che la vittima non è poi così tanto vittima. Nel caso di Niki nonostante un livido a forma di cerchietto sul braccio, l’esame tossicologico non è mai stato disposto e così il verdetto finale è: suicidio con un laccio delle scarpe che non avrebbe sorretto nemmeno un criceto. A volte per lo Stato è molto più semplice archiviare tutto come morte naturale, accertare significa scavare e trovare particolari che potrebbero non piacere. Le foto, le perizie, le cartelle cliniche, non sono sufficienti a dimostrare, c’è omertà, complicità. Nessuno accuserà il collega, nessun medico scriverà sul referto “morte per percosse”.

Aldo Bianzino è morto dopo due giorni dal suo arresto, ucciso con tecniche marziali, nessun segno esterno ma i suoi organi vitali spappolati. Il comico Beppe Grillo, che ha firmato la prefazione, dopo la morte dell’uomo, scrive sul suo Blog: «La morte di Aldo ha due cause. La prima è la detenzione per chi fa uso di canapa indiana. La seconda l’impunità per chi disonora la divisa e si comporta peggio dei criminali. La prima ragione è assurda, riempie le carceri di tossicodipendenti e di consumatori occasionali. Giovanardi, compagno di partito di Mele, donne-coca-champagne, su questo non è d’accordo, lui vuole quattro anni di carcere per un grammo di hashish. L’uso di canapa indiana va liberalizzato. Ci sarebbero meno pusher, meno finanziamenti alla criminalità organizzata, meno carceri che scoppiano».

Un altro ragazzo di cui si è parlato poco è Bledar Vukaj, una promessa del football americano, un giovane forte che lavorava in un salumificio. Il 26 marzo 2003 il suo corpo venne ritrovato sotto un ponte vicino Parma. Dall’autopsia non vengono riscontrate fratture, dal video si evincono segni di bruciature, come quelli che lasciano le pistole laser, vietate in Italia. Nessuno ha mai indagato su questa morte, nonostante le denunce del padre.

Nel libro vengono raccontate anche le vicende di Aldo Scardella, Carlo Giuliani, Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi, Stefano Frapporti, Katiuscia Favero, Riccardo Rasman, Vito Daniele. Solo per Federico Aldrovandi e Riccardo Rasman ci sono state sentenze di condanna definitive, ma purtroppo senza la sospensione o l’espulsione dei poliziotti.Samanta Di Persio

 

Chi è Samanta Di Persio:
nasce a Pescara nel 1980. Fino all’étà di tre anni vive con i nonni, umili contadini che le insegnano alcuni valori importanti come la solidarietà, l’onestà ed il rispetto. Nel 1983 va a vivere all’Aquila con i suoi genitori perché suo padre viene trasferito per motivi di lavoro. Dopo il diploma si iscrive alla Facoltà di Scienze politiche dell’Università degli Studi di Teramo. A dicembre del 2004 si laurea con il massimo dei voti discutendo una tesi sui reati tributari. Alla fine del percorso universitario decide di iscriversi ad un master: “Metodi di previsione e controllo dei sistemi socio economici”. A 25 anni inizia a maturare l’idea di essere giornalista. Il suo primo articolo viene pubblicato sul settimanale nazionale “La Rinascita”. E’ sul precariato e il secondo un’intervista ad una madre, Graziella Marota, che ha perso il figlio sul lavoro. Quest’ultima la spinge a cercare altre storie ed è così che nel 2008 nasce Morti bianche. Il libro edito da Casaleggio Associati raccoglie le testimonianze dei familiari dei lavoratori morti sul luogo di lavoro.
L’Aquila è una città che Samanta Di Persio ha amato per la sua tranquillità. Nel 2009, su richiesta della casa editrice Casaleggio Associati, scrive il libro Ju tarramutu allo scopo di denunciare le autorità che non hanno preso i provvedimenti necessari: non hanno organizzato piani di soccorso in caso di terremoto e non hanno informato gli aquilani del pericolo che correvano.
Nel 2008 muore Niki Aprile Gatti. Dall’intervista con la madre Ornella Gemini, nasce l’idea del libro La pena di morte italiana.
In tutte e tre le sue opere la prefazione è di Beppe Grillo: comico, attore, attivista politico e blogger italiano.
Le denunce di Samanta Di Persio sono state pubblicate in Casablanca, articolo21, MicroMega, Cadoinpiedi,  Cadutisullavoro e sul suo blog.


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