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Una Donna

 

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Scritto oltre cento anni fa, il romanzo di Sibilla Aleramo è a metà strada tra il memoir autobiografico e il romanzo di formazione, ma ha anche l’intento di trasmettere ad altre donne una possibile via di riflessione.

 

A più di cento anni dalla sua stesura, dopo aver sostato sullo scaffale della mia libreria per anni, prestatomi invano da un’amica cara, finalmente nei giorni scorsi è venuto il momento di incontrare il testo Una donna di Sibilla Aleramo.

Ho scritto “è venuto il momento di incontrare” perché tale è per me, nel rapporto con i libri, il momento della lettura. L’acquisto può essere impulsivo (il più delle volte) o meditato, ma la lettura, la decisione di prendere in mano un libro anziché un altro ha sempre seguito un preciso cammino culturale. E, la cosa stupefacente è che la stessa lettura fatta in un altro momento avrebbe avuto spesso esiti diversi, dando luogo magari a una direzione conoscitiva differente. Questo perché sottintendo che leggere è conoscere.

Ma torniamo all’Aleramo.

Scrisse questo libro (a metà strada tra il memoir autobiografico e il romanzo di formazione, ma anche consibilla-aleramo l’intento di trasmettere ad altre donne una possibile via di riflessione) sollecitata dal suo compagno, Giovanni Cena – direttore della rivista “Nuova Antologia”, che fu pubblicato nel 1906.

Ricordo che quella che da molte parti viene riconosciuta come “la madre del femminismo”, Virginia Woolf, pubblicò Una stanza per sé solo nel 1929 e Le tre ghinee soltanto nel 1938.

A Sibilla Aleramo, inoltre, va riconosciuto il merito non solo di aver veicolato le sue idee proto–femministe, ma di averlo fatto per mezzo di un genere “romanzesco”, agevolandone quindi la lettura a un pubblico molto più ampio.

Certo leggendolo, e leggendone gestazione e parto, non si ha l’impressione di un testo scritto di getto, ma la lunga meditazione gli ha consentito di arrivare a noi, ancora pregno di contenuti. Dispiace sapere, dalla stessa autrice, dei tagli apportati da Cena (soprattutto in relazione al racconto della storia d’amore della Aleramo per il poeta Felice Damiani.

Commuovono i patimenti e le lacrime sofferte da questa nostra antenata, ribolle il sangue di fronte alla violenza cui fu soggetta, ma se da una parte ci aiuta a capire quanto ancora poche decine di anni fa la donna fosse assoggettata al marito da leggi patriarcali dall’altra ci sprona al fare, perché ancora molto, troppo, resta da fare.

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La lettrice di oggi, dovrà superare solo una scrittura per certi versi “barocca”, ma è un lieve fastidio in cambio del quale potrà documentarsi su quanto accadeva alle donne poco più di un secolo fa, e nei decenni successivi. Di come essa fosse considerata “una proprietà” per e dal marito, quel maschio che le leggi del tempo trasformavano nel suo tutore, a vita.

È drammatico essere ospitati nei suoi pensieri mentre le si pone l’inaccettabile scelta: suo figlio o la sua libertà/dignità di essere umano.

Non aggiungo, a questa breve nota, né sinossi né citazioni, per lasciare a chi ancora non l’ha fatto il piacere della scoperta di Una donna, ma vorrei prendermi la libertà di consigliare la lettura di questo libro ai ragazzi che frequentano le scuole medie, è di sicuro più formativo di tanti altri libri che insegnanti demotivati mettono nelle loro mani. Questo ha senz’altro il merito di far capire quanta strada è stata fatta dal 1906 ma anche quanta ne resta da fare, per le donne e per gli uomini di questa società civile.
FPM

 

 

 

 

 

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