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Ti prometto il giro del mondo

Fabio Bo lo definisce “un giallo dei sentimenti” dove l’HIV è uno dei componenti del puzzle. In realtà è una storia d’amore che lascerà il lettore bocca aperta.

 

“Ti prometto il giro del mondo” di Fabio Bo per Bertoni editore con l’amore tra Thomas e Fabrizio ci porta negli anni ’90. Ma c’è anche un ospite sgradito con tutti i disagi e le sofferenze che provoca. Ovviamente stiamo parlando di HIV, o meglio di AIDS.

Il romanzo narra tre momenti, tre stagioni della loro esistenza e tre luoghi: Friburgo claustrofobica e invernale, la Parigi della flânerie a primavera e la Sardegna edonista in piena estate. Un viaggio nella vita di una coppia segnata dall’incontro con Emilio e Dario, conosciuti in circostanze dolorose e i cui destini si incroceranno quasi per caso. “Ti prometto il giro del mondo” è un giallo dei sentimenti che affronta temi quali l’HIV, la depressione, la paura di amare e soprattutto di perdersi. Anche la scelta del nome ThomasTi prometto il giro del mondo per uno dei personaggi non è casuale.
L’autore si addentra nella vita delle coppie, scava nelle emozioni dei protagonisti che vivono situazioni insolite.
Non voglio raccontarvi la storia perché penso sia meglio scoprirla leggendo il libro, però vi posso dire che ci sono alcuni colpi di scena che vi lasceranno a bocca aperta.
È un bel romanzo, con una scrittura schietta, senza pietismi e sbavature ma capace di suscitare emozioni profonde nel lettore. Posso sembrare di parte perché da tanti anni faccio volontariato in ASA-Associazione Solidarietà Aids, ma vi assicuro che la narrazione è coinvolgente, anche per chi non ha vissuto gli anni bui quando il virus mieteva vittime. Desidero sottolineare che il libro valica i confini della comunità Lgbtq e raggiunge un pubblico decisamente più ampio.
I personaggi sono tanti e tutti ben disegnati. I mei preferiti sono: Esther, la madre di Dario e Ulli, l’infermiere della clinica. Non aggiungo altro, perché potrei fare spoiler.
Il libro è disponibile in versione digitale e cartacea.
Sicuramente presenteremo il romanzo in ASA.

 

 

Quattro chiacchiere con Fabio Bo

D. Perché hai scritto un romanzo dove c’è l’HIV degli anni ‘90?
R.
I motivi sono vari. Innanzi tutto rappresentare la mia generazione, oltre che me stesso. Una generazione e una "rigenerazione", per così dire.
Nel romanzo l'Hiv, in fondo, è un pretesto (infatti la parola Hiv è nominata solo un paio di volte nel corso del romanzo). L'Hiv è un "dolore", un trauma, una "prova" alla quale la coppia Thomas/Fabrizio, e il loro amore, è costretta confrontarsi.
"Ti prometto il giro del mondo" non è un romanzo sull'Hiv ma un "giallo dei sentimenti", tra passato e presente, tra paura di perdersi e coraggio di ritrovarsi, dove la tenerezza e la "grazia" giocano un ruolo fondamentale. Allo stesso tempo, volevo ambientare il romanzo negli anni Novanta, proprio perché di quegli anni bui, in modo romanzesco, in Italia si è parlato poco e niente. Più niente che poco.
Jonathan Bazzi con "Febbre" ha raccontato la contemporaneità dell'Hiv ora. Alla fine degli Ottanta Pier Vittorio Tondelli nel meraviglioso "Camere separate", suo ultimo libro/testimonianza: è dell'89!, ha descritto il dolore della perdita senza mai nominare l'Hiv ( o l'Aids) con il commovente pudore e le tragiche autocensure cui è stato costretto. Nonostante la spregiudicatezza che dal suo esordio ("Altri libertini") in poi Pier Vittorio aveva brillantemente rappresentato la mia generazione, nella sua/mia persistevano tragicamente omissioni terrificanti ma comprensibili. Come tutte le vicende successive alla sua morte dimostrano: stigma, paura, morte.
Tra l'altro il mio personaggio si chiama Thomas, proprio in omaggio a "Camere separate" dove Thomas era l'amato e la vittima.

D. Quali sono i tuoi personaggi preferiti?
R.
Domanda difficilissima. Non posso che risponderti che amo tutti i miei personaggi e farei torto a me stesso e a loro se esprimessi delle simpatie. Queste spettano, per fortuna, alla sensibilità e alle attitudini di ogni singolo lettore.
In un piccolo sondaggio personale, ho verificato che le preferenze dei miei lettori spaziano tra tutti, senza che in realtà prevalga qualcuno in particolare.
Posso dirti che, in linea di massima, tutti protagonisti risultano sfaccettati, Fabrizio sostiene il racconto nella parte ambientata a Friburgo ma poi cede il passo a Thomas che (ri)emerge a Parigi diventando una sorta di deus ex machina L'incontro con Emilio avvenuto per caso, ma non tanto.
Fabio BoEmilio è l'uomo del mistero e scompare, ma in fondo è una sorta di fantasma. Dario è la gioventù.
E tutti i personaggi "di contorno" rappresentano stilemi, comportamenti e atteggiamenti legati a quegli anni: Silvio, Ulli, Johannes eccetera eccetera. Mi sono molto divertito a scrivere di Esther e volevo che fosse una donna, in quel mondo di uomini, a tirare le fila del racconto, un finale sfumato fino all'ultimo, a "risolvere" l'enigma, ad agevolare, forse inconsapevolmente, ma mica tanto.., la riconciliazione con il passato, una interpretazione possibile della storia.

D. Con le terapie si convive “serenamente” con l’HIV, ma non si riesce ad abbattere lo stigma nei confronti delle persone con HIV. Come lo spieghi?
R.
Serenamente è una parola grossa. l'Hiv, come ben sai, essendo una patologia legata al sesso, continua a spaventare. Siamo un paese cattolico e ipocrita per natura.
La scarsa informazione in Italia su U=U, PrEP e sulle infezioni sessualmente trasmissibili è spaventosamente arretrata rispetto ai paesi europei più civilizzati.
La mia esperienza "peer to peer" in Plus Roma e nel nostro checkpoint che ho fondato insieme al compianto Giulio Maria Corbelli ed altri ancora, luglio compiremo due anni, mi ha aiutato a capire quanto lo stigma sia ancora fortissimo nelle nuove generazioni che sanno poco o niente sul passato e che sono tormentati dal senso di colpa, dalla paura, dalle proprie stigmate psicologiche.
Un po' come, un tempo, nel coming out classico -la rivelazione della propria omosessualità- il coming out sierologico è di là da venire e da essere metabolizzato.
Ma io sono un realista, anzi un malinconico realista: credo che solo il tempo, le nuove terapie, l'avvento della PrEP, l'aiuto dei vari checkpoint che cominciano a sorgere un po' ovunque -e grazie alle altre associazioni, naturalmente- aiuteranno a farci giustizia. Ci vuole tempo. E forse lo stesso movimento LGBTQ* ha in qualche modo omesso l'argomento Hiv tra le proprie battaglie con un po' di reticenza e pudore. Ci vuole tempo, insisto. Come in tutte le cose.
E come anche in "Ti prometto il giro del mondo", che si dipana nell'arco di dieci anni, proprio per raccontare, ovviamente in forma narrativa, che il tempo -soprattutto interiore- è un aspetto fondamentale, inevitabile, imprevedibile della vita di tutti noi.

 

 

Chi è Fabio Bo
Nato a Roma nel 1955. Inizia la professione di giornalista nel 1974. Negli anni Ottanta è redattore di Pace e Guerra, diretto da Stefano Rodotà e poi del quotidiano Reporter, diretto da Enrico Deaglio. Conduce su Rai Radio 1 la rubrica settimanale Dietro il sipario. Dal 1985 al 2001 collabora come critico cinematografico con Il Messaggero. Dal 1999 al 2001, lavora come consulente e selezionatore alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Nel 1993, fonda Arcipelago, primo festival italiano dedicato ai cortometraggi. Ha pubblicato vari saggi di cinema e due monografie su Michael Cimino e Lars Von Trier (Dino Audino Editore). Dal 2010 al 2016, è direttore artistico del Torino Gay Film Festival. Nel 2003, debutta nell’editoria con due racconti nell’antologia Men (Mondadori).
A cura di MZ