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Leggere, secondo Cristina Aicardi

 

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Caporedattore di MilanoNera, ama profondamente i libri. Delusa da Moravia e da "L’amante di Lady Chatterlay" prova un vero odio per Christa Wolf. Apprezza gli ebook, anche se non si possono toccare e sistemare in libreria.

 

D. Quando vuoi rilassarti preferisci: guardare la televisione, andare al cinema o leggere un libro?
R. La tv mi rilassa molto e mi concilia il sonno, quindi va benissimo la sera, per dormire. Il cinema mi piace, ma non sono una grande appassionata. Il mio amore totale e incondizionato è per i libri.
Da sempre sono il mio amore, hobby e passatempo preferito. Sono cresciuta in una casa piena di libri, ho sempre letto molto. Da bimba, nella lista per Babbo Natale, subito dopo le Barbie venivamo i libri.  Amo il libro anche come oggetto, mi piace vederli sparsi per casa, ammonticchiati qua e là. L'unico lavoro domestico che faccio con slancio, entusiasmo e passione è pulire e riordinare la libreria.

D. Dove leggi abitualmente: in poltrona, a letto, alla scrivania? Se potessi scegliere, quale sarebbe il tuo luogo ideale per la lettura?
R. La mia posizione preferita è sdraiata, quindi letto o divano. Nei mesi invernali mi trasformo in “ragazza copertina” perché il massimo del relax è rintanarmi sotto una coperta calda e perdermi tra le pagine. Ogni momento è comunque buono per un libro. Negli anni, i posti in cui ho letto di più sono stati i parcheggi dei vari asili, scuole e licei frequentati dai miei figli. Arrivavo con largo anticipo per avere tempo per leggere in santa pace. Ho dei libri con il volume triplicato e un buon profumo di bagnoschiuma perché mi sono cascati nella vasca mentre facevo il bagno, altri, purtroppo, hanno la copertina con delle macchiette perché leggo anche mentre cucino. I cibi buttati e rifatti non si contano più, ormai...
Se però posso scegliere, il mio posto ideale per leggere è sul mare. Proprio SUL, non Al mare.
Per me il mare è il luogo che più di ogni altro libera la mente e i pensieri quindi, esserne circondata e poterlo guardare tra una pagina e l'altra, mi regala una sensazione impagabile.
Non riesco invece assolutamente a leggere al computer: perdo il segno, è scomodo e mi distraggo.

D. Nel suo famoso Decalogo, al terzo posto, Daniel Pennac sancisce il diritto del lettore a “non finire il libro”: tu hai seguito questo consiglio? Se sì, con quale libro e perché?
R. Negli anni ho sviluppato una specie di sesto senso per i “mattoni” quindi, quando ne scelgo uno, difficilmente lo abbandono. Può capitare che adotti la lettura che io chiamo a “cangurotto”, cioè molto veloce, saltando le pagine che sono più noiose.
Ce n'è uno però che non ho mai finito e che è indubbiamente un grande classico della letteratura: Il signore delle mosche, di Golding. Ero al liceo, quindi pieno secolo scorso, lettura assegnata in lingua originale. Ne ho un ricordo di una noia mostruosa. La mia fortuna fu che ero parecchio brava in inglese e quindi profondamente inserita nella manica della professoressa. Argomentai così bene, in inglese, il mio rifiuto a continuare a leggerlo, che presi un votone e non lo finii mai.
Forse, a distanza di tre decenni abbondanti, potrei riprovarci...

D. Qual è il libro -o i libri- che più hai amato? E quello o quelli che si sono rivelati una delusione?
R. I libri che ricordo con più amore sono quelli che mi hanno scoperto un mondo e mi hanno fatto capire che tipo di cose desideravo leggere, quelle che sentivo più mie, per argomenti o stile di scrittura. Si torna sempre indietro di qualche decennio: Agatha Christie, Conan Doyle verso i dieci anni, a seguire Edgar Allan Poe, Henry James  e le novelle gotiche mi hanno fatto innamorare della letteratura del mistero; Guareschi, Wilde, Shaw, mi hanno fatto scoprire il gusto per l'ironia, il guizzo linguistico, l'amore per il paradosso. Tutti libri che mi regalava mio padre.
Ancora oggi, gli scrittori che mi divertono di più sono quelli che uniscono queste due caratteristiche: mistero e ironia.
Amo ridere, o almeno, sorridere.
Le delusioni? Quelle cocenti risalgono sempre alle mie prime esplorazioni dei vari autori. Trovai Moravia di una “Noia” bestiale, forse ero troppo giovane, e anche “L'amante di Lady Chatterly” non fu all'altezza delle mie aspettative, forse un poco lascive.
L'odio vero lo riservo per Christa Wolf. So, o almeno credo, che la colpa non fu dei suoi libri ma dell'esame universitario che prevedeva la lettura dell'opera omnia, in tedesco, con un professore che assomigliava a Anthony Perkins e agiva pure da Psycho. Il terrore puro. Rimediai un 28 a cui seguì la cancellazione immediata di ogni nozione appresa. È rimasto solo il rifiuto per l'autrice. Me ne dispiaccio, ma non ho la minima intenzione di riprovare a leggerla.

D. Cosa cerchi in un libro? Cosa attira di più la tua attenzione: la copertina, il titolo, l’autore, la bandella con la storia?
R. Il girovagare per una libreria è una delle cose più belle che si possano fare. Le pile di libri sono quasi un richiamo sensuale. Come scelgo? Ovviamente il colpo d'occhio è per la copertina e per il titolo, ma è solo l'inizio. Prendo in mano il libro, lo tocco, guardo la carta, il carattere, il corpo, l'impaginazione, leggo la trama, la prima pagina, poi apro a caso e leggo qualche riga qua e là. Ma sempre entro la prima metà, leggendo preferibilmente gialli, oltre la metà è pericoloso. Quello che proprio non considero è la fascetta con lo strillo.
Cosa cerco in un libro? Che mi faccia vivere una storia, che me la faccia sentire mia, che mi porti in un posto e in una vita che non conosco.
Forse per questa voglia di immedesimazione rifuggo tutto quello che è “fanta”: fantascienza, fantasy e fantapolitica non fanno per me.

D. Quale argomento ti appassiona e, secondo te, viene poco considerato dagli editori italiani?
R. Sai che non so cosa risponderti? Gli editori perseguono il guadagno, ovviamente, quindi forse investono poco nel pubblicizzare buone storie di autori sconosciuti. Credo ci siano in giro moltissime ottime storie che per mancanza di adeguata spinta da parte degli editori non riescono a raggiungere un pubblico ampio.

D. E per finire cosa pensi degli e-book? Secondo te, quali sono i loro pregi e i loro difetti?
R. I pregi degli ebook stanno nel prezzo e nella “maneggevolezza”. Puoi portarti l'ereader in tasca in ogni momento, avendo così a disposizione decine di libri, cosa fondamentale per le vacanze.
Io in vacanza ho una media di un libro al giorno e ho viaggiato con valigie dal peso improponibile a causa del numero di libri stipati. Con l'e-reader è più semplice: ne hai a volontà e puoi comprartene uno anche stando in spiaggia. Una volta, prima di partire, mio figlio mi ha chiesto: quanti libri ti porti stavolta? Nessuno - ho risposto - ho il kindle. Lui ha ribattuto: e se si rompe?
Attimo di panico vero che ho fatto passare stipando nella borsa un paio di cartacei, così, per sicurezza.
I difetti degli ebook? Facile: non sono libri che puoi maneggiare, accarezzare, annusare e mettere con amore nella libreria. Non sono “tuoi”, sono virtuali.

D. Li utilizzi?
R. Ne ho un migliaio ma, occupandomi di libri, sono facilitata e anche molto, molto fortunata: ne ricevo circa una quindicina a settimana dalle case editrici . Io compro i cartacei.

 

Chi è Cristina Aicardi
Ha allegramente, si fa per dire, sfondato la porta dei cinquant'anni, vive in Brianza e lavora nella ditta di famiglia. Ha due figli ormai adulti, amorevolmente soprannominati “ i lemuri” che guardano con occhio complice e benevolo e “bencelato” orgoglio la sua smodata passione per la lettura. In fondo tutto questo è colpa loro: non avrebbero dovuto iscriverla a Facebook. È nato tutto da lì, per una serie di incontri e casi fortunati.
Da otto anni si “diverte” online con i libri, e da quattro è caporedattore di MilanoNera -webmagazine fondato e diretto dallo scrittore Paolo Roversi - che da 12 anni si occupa di letteratura gialla e noir pubblicando giornalmente recensioni e suggerimenti di lettura.
È una persona fondamentalmente molto timida che è cambiata grazie ai libri. Se prima non faceva per timore, ora ha timore di non fare e si lancia in qualsiasi nuova avventura, come rispondere a questa intervista.




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