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Leggere, secondo Filippo Messina


 Filippo Messina
D. Quando vuoi rilassarti preferisci: guardare la televisione, andare al cinema o leggere un libro?
R. Dipende dal momento della giornata, e dal tipo di relax di cui si abbisogna. Attualmente, dedicato alla lettura è il primo pomeriggio della Domenica. (...) 

Ormai un piacevole appuntamento dei miei fine settimana. Anche la televisione, non si può negare, svolge un ruolo cardine. Ma il suo spazio è sempre quello serale, e parliamo comunque non di programmazione televisiva vera e propria, ma dell’apparecchio televisivo usato per visualizzare film e serial su altri supporti.


D. Dove leggi abitualmente: in poltrona, a letto, alla scrivania? Se potessi scegliere, quale sarebbe il tuo luogo ideale per la lettura?
R. Nel corso della mia vita ho letto un po’ ovunque. Credo che la lettura a letto sia una tappa fondamentale per tutti. Ma le migliori letture le ho fatte soprattutto in poltrona, con le cuffie dello stereo che mi separavano dal resto del mondo. Ancora oggi mi capita di associare celebri composizioni sinfoniche alle parole di Thomas Mann o di Gilbert K. Chesterton. Era come un’overdose d’arte totalizzante. Quando parlavo di questa mia questa abitudine, spesso mi sentivo dire che ero drogato di musica e lettura. In effetti, me ne servivo per evadere dal quotidiano. Ho sperimentato (poco) anche la lettura sulla panchina di un giardino pubblico, ma non sempre si dispone della quiete necessaria per immergersi davvero nel libro.

D. Nel suo famoso Decalogo, al terzo posto, Daniel Pennac sancisce il diritto del lettore a “non finire il libro”: tu hai seguito questo consiglio? Se sì, con quale libro e perché?
R. Sì, ho seguito il consiglio, ma con enorme ritardo. Pennac afferma che la lettura di un libro deve essere piacevole. Se diventa uno sforzo o una sofferenza, è meglio abbandonarla e dedicarsi ad altro. Sacrosanto, ma per molto tempo – come tanti – ho subito il senso di colpa che mi forzava a portare a termine la lettura. Quasi fosse un mio difetto se il libro non era riuscito a conquistarmi.
Ci ho messo un po’ a superare la cosa e ad applicare in modo naturale l’assunto di Daniel Pennac.
Il primo libro di cui non ho terminato la lettura che mi viene in mente è L’Acchiappasogni di Stephen King, un romanzo ricevuto in regalo. Troppo noioso, troppo prevedibile e lento. Non ce l’ho proprio fatta. Considerato anche che King, che pure mi ha regalato molte ore di lettura piacevolissima in passato, aveva già iniziato a involversi di brutto.
Non ci sono stato a pensare su più di tanto, e ho posato il libro prima di arrivare a metà.

D. Qual è il libro che più hai amato?
R. E’ come chiedere qual è il piatto preferito, la canzone che si ama di più o il film che si rivede più spesso. Non può esistere una risposta definitiva, ma gruppi di risposte, articolate secondo i periodi della nostra vita. Ricordo con particolare entusiasmo la tetralogia di Thomas Mann dedicata alla saga biblica di Giuseppe e i suoi fratelli. Quattro romanzi dove il racconto veterotestamentario è riletto da Mann in una chiave filologica e smaliziata, dando spazio parallelamente a un ampio saggio divulgativo di storia delle religioni.
Amo molto Gabriel Garcia Marquez e quello che è il suo capolavoro assoluto, Cent’anni di solitudine. Ma a questi classici mi piace accostare il romanzo Sorgo rosso, di Mo Yan, non a torto considerato il più importante narratore cinese contemporaneo. E’ un capolavoro assoluto, dove stile e trama si amalgamano in un affresco magistrale che non ha niente da invidiare alle perle della grande narrativa latino americana. Un gioiello tuttora poco letto in Italia, e conosciuto solo di riflesso per il film che ne ha tratto il regista Zhang Yimou. Opera pregevole, ma che riduce soltanto una minima parte di quella saga immensa che è il libro.

D. Cosa cerchi in un libro? Cosa attira di più la tua attenzione: la copertina, il titolo, l’autore, la bandella con la storia?
R. Ridurrei i casi a due. Può attrarmi l’autore, se già conosciuto e apprezzato. Altrimenti, la sinossi della trama ha molta importanza. Titoli e copertine, normalmente, non sono sufficienti ad adescarmi.

D. Quale argomento ti appassiona e, secondo te, viene poco considerato dagli editori italiani?
R. Non mi viene in mente niente di davvero determinante. Gli argomenti ci sono. Piuttosto sarebbero i meccanismi dell’editoria, soprattutto quelli che riguardano gli autori esordienti che andrebbero rivisti e svecchiati.

D. E per finire cosa pensi degli e-book? Credi che potranno sostituire i libri cartacei?
R. E’ una questione già vecchia. Nata vecchia, e che ormai si presta anche a gustose freddure. Dubito molto che la carta potrà essere del tutto soppiantata. Anche se dovesse succedere, non saranno gli e-book come li stiamo vedendo allo stato presente, ma qualcosa di ancor più evoluto che tuttora fatichiamo a immaginare. In ogni caso, come è stato scritto altrove, l’avvento delle automobili non ha fatto sparire le biciclette dall’uso quotidiano. I treni non hanno cancellato l’esistenza di altri mezzi di locomozione, e così via. Inoltre, per quanto la nascita di supporti adeguati renda sempre più facile la lettura dei libri elettronici, la carta ha un uso molto vasto. Pensiamo ai giornali, alle riviste, alla loro grande diffusione e al loro consueto riciclo.
Come dice Groucho, l’assistente di Dylan Dog, con un e-book non ci puoi incartare il pesce.

D. Li utilizzi? Secondo te, quali sono i loro pregi e i loro difetti?
R. I principali difetti vengono spazzati via in fretta dall’evolversi delle tecnologie.
L’affaticamento agli occhi è superato da monitor studiati appositamente per simulare la colorazione neutra della carta stampata e il riscaldamento eccessivo dei supporti fisici, probabilmente, presto sarà risolto. Se sorvoliamo sul risparmio di spazio, gli e-book non hanno di per sé dei pregi particolari. Ancora oggi appaiono un prodotto a uso limitato per chi può permettersi determinati supporti dai prezzi non esattamente economici. Se usciremo dalla crisi globale e questi strumenti potranno diffondersi a tappeto se ne potrà riparlare.
Il vero vantaggio degli e-book (vantaggio potenziale) sarebbe la maggiore possibilità di diffusione di determinati titoli. Ma perché questo avvenga, si dovrebbe lavorare sulla costruzione di un pubblico di lettori più che sull’evoluzione informatica del mezzo. Altrimenti, e il rischio c’è, si tratterà soltanto di un progresso tecnologico destinato a essere usato da pochi amatori.
Se sconfiniamo nell’argomento pirateria, con tutte le contraddizioni e le considerazioni complesse che si porta dietro, potremmo dire che gli e-book stanno rappresentando una risorsa per recuperare vecchie edizioni oggi introvabili, trasformate in libro elettronico dagli appassionati e messe in condivisione su Internet. E’ l’aspetto più interessante, secondo me. Quello meno commerciale e più legato a uno scambio di risorse. Ma è tutta un’altra storia.

Chi è Filippo Messina – Perdido:
un blogger siciliano (classe 1963), noto in rete con il nick Perdido. Giornalista televisivo e cartaceo negli anni novanta, oggi collabora con le riviste online FantasyMagazine e Fumettidicarta. Fondatore della fanzine WOOF! Magazine, dedicata alla divulgazione della cultura omosessuale ursina, prodotta per sei anni dalla libreria AltroQuando di Palermo, Perdido continua a lavorare nell’ambito della critica fumettistica e della comunità LGBT, sempre nell’ambito della cultura Bear. 

Per chi vuole conoscere meglio Perdido:
http://perdido63.blogspot.com/

 

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