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giovanni ciprotti

Leggere,
secondo Giovanni Ciprotti

a cura di Marinella Zetti

D. Quando vuoi rilassarti preferisci: guardare la televisione, andare al cinema o leggere un libro?
R. Leggere un libro o disegnare (...)

 

D. Dove leggi abitualmente: in poltrona, a letto, alla scrivania? Se potessi scegliere, quale sarebbe il tuo luogo ideale per la lettura?
R. Leggo ovunque, quando posso (letto, poltrona, autobus, posta, …). Se potessi scegliere … una sdraio su una scogliera scozzese con il vento che costringe a mettere il maglione e un whisky a portata di mano.



D. Nel suo famoso Decalogo, al terzo posto, Daniel Pennac sancisce il diritto del lettore a “non finire il libro”: tu hai seguito questo consiglio? Se sì, con quale libro e perché?
R. Per fortuna mi è capitato pochissime volte. Ad esempio quando ho interrotto, dopo una ottantina di pagine, “Pastorale americana” di Philip Roth, il mio autore preferito per la narrativa. Ricordo la sensazione di noia durante la lettura … non ce l’ho fatta e l’ho riposto nella libreria.


D. Qual è il libro che più hai amato?
R. Al primo posto ce ne sono molti a pari merito.
Qualche titolo: “Seppellite il mio cuore a Wounded Knee” di Dee Brown, “Sulle ali delle aquile” di Ken Follet, “Ho sposato un comunista” di Philip Roth, “L’ultima verità” di Robert Ludlum, “1984” di George Orwell.

D. Cosa cerchi in un libro? Cosa attira di più la tua attenzione: la copertina, il titolo, l’autore, la bandella con la storia?
R. Nei saggi il tema, oppure l’autore se citato nelle note di un altro saggio precedentemente letto su quell’argomento. Per la narrativa la storia, eccezion fatta per quei due o tre autori che compro “a scatola chiusa”.


D. Quale argomento ti appassiona e, secondo te, viene poco considerato dagli editori italiani?
R. La Storia degli Stati Uniti (a parte l’eccezionale produzione di saggi di politologi post-11 settembre).


Chi è Giovanni Ciprotti:
(autobiografia) “Nato ai bordi di periferia / dove i tram non vanno avanti più /dove l'aria è popolare / è più facile sognare / che guardare in faccia la realtà”.
Il mio quartiere, Torpignattara, non era molto diverso da Cinecittà. Le borgate romane erano molto simili: stessi pericoli, stessi sogni.
Lì sono nato, nel 1965, e sono cresciuto a pane, calcio e western.
Tiravo calci ad un pallone e sognavo di diventare un grande calciatore; leggevo i fumetti di Tex Willer e pensavo che mi sarebbe piaciuto diventare americano. Nessuno dei due desideri s’è avverato: gli scarpini sono finiti appesi ad un chiodo e non credo diventerò mai americano, ma m’è rimasto un grande interesse per gli Stati Uniti, la cui storia ho iniziato a studiare da ragazzino … e non ho più smesso!
Svanito il sogno “pallonaro”, mi sono concentrato sugli studi e, qualche anno dopo, mi sono laureato in ingegneria elettronica.
La famiglia (dal matrimonio con Teresa sono nati in poco più di quattro anni tre figli) e l’impegno professionale tra computer e satelliti non mi hanno impedito di coltivare le mie due grandi passioni: il disegno e gli studi di storia contemporanea (Stati Uniti in testa).
Il mio sussidiario delle scuole elementari si intitolava “Il perché delle cose”. Forse è colpa di quel titolo se tento di capire ciò che succede in Italia e nel mondo. Finora l’unica cosa che ho capito è che mi piace
molto studiare … e ogni tanto lasciare nero su bianco qualche riflessione.

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