Parliamo di "Anatomia di un Amore"

Pubblicato in Recensioni

In una giornata di gennaio, fredda e asettica come solo può presentarsi un periodo post festività, una mail di un certo D. Moscati, irrompe  in “Pianeta queer” con una domanda che ottiene l’effetto di incuriosire un gruppo di persone, tutte alla ricerca del loro significato di queer.
 


In un alternarsi di messaggi che spaziano dall’attualità della guerra alla dimensione politica, etica e morale del vivere oggi, del sentirsi (o meno) queer, Flaminia dipinge un coacervo di personaggi che la sua mano rende dotati di un’alchimia particolare. D., che poi si paleserà come Davide, ha il dono di compattare persone troppo diverse, quasi disperatamente unite dalla ricerca di quel filo sottile che permette di sentirsi parte di una dimensione di cittadinanza sempre più sfumata, sempre più di parte, sempre più multiculturale ma sempre meno inclusiva. Fra tutte la figura di Micol è particolare, forte eppure sensibile, solida eppure fragile, disponibile eppure sorda con se stessa. Micol sembra la robustezza, la pazienza, la narrazione. 
In realtà è semplicemente fragile come tutte le persone che hanno smesso di capire chi sono senza aver mai cessato di ricercarlo.

Le mail le permettono di affrontare il mondo eppure sono facili da vincere con un semplice gesto del mouse che disconnette il proprio dispositivo.  Il sommo potere del virtuale permette a questo gruppo di eclissarsi e poi riprendere vita appena qualcuno risveglia il sopito slancio con un pretesto argomentativo. Esattamente come facciamo quando affrontiamo paure, timori e cerchiamo un caldo rifugio. E quel rifugio è lo schermo e il suo anonimato. Questa velocità del nostro tempo, questi ritmi compulsivi ci pongono al bivio tra il desiderio di essere cercati, accarezzati e il desiderio di fuggire quando non si riesce più a reggere il confronto. Forse è il pasticciato senso italiano che si attribuisce al sentirsi queer, a quella definizione data in una mail da Luna con i sinonimi stronza/puttana/frocia.

Flaminia, però, vuol trasmettere tutta quella nostra difficoltà di raccontare l’irraccontabile, di narrare se stessi, di guardarsi nell’immagine speculare che riflettiamo. E non è semplice nemmeno nel rapporto che s’instaura tra le mail personali di Micol e Davide.

Esse sono il segnale della volontà di trovare se stessi senza capire il sentiero da seguire.

Corpi in cerca di se, mentre tra il chiaro e lo scuro di D. emerge un’ombra che Micol inizia a temere.

La loro storia ci insegna che un rapporto costruito metafisicamente può evaporare al sogno della concretezza per tanti motivi, per tante situazioni diverse, per le ombre che appaiono in ognuno di noi.

Solo in una mail si può rinviare un silenzio, uno sguardo, una stretta, la dimensione del proprio corpo. A un certo punto è evidente che non si possono ascoltare le fiabe, la verità va affrontata sul piano del reale. Serve un uomo come Franco, personaggio di sfondo, amico di Micol, omosessuale convinto e soddisfatto, fiero nella sua dignità a spingere l’amica a comprendere che i chiaroscuri non sono mai pacifici, ad affrontare con coraggio se stessi.

Che ogni sfida si deve toccare con mano.

Ognuno di loro si porta dietro un carico di dolori enorme. Un vuoto, un vuoto al centro che poi tale non è perché quell’ombra dona una forza a D. per capire che oggi non è ancora domani e a Micol che i conti con se stessa non si possono tralasciare perché il tempo sfugge e prima o poi, pur nascondendoci, siamo costretti a guardare ciò che la luce riflette di noi e a sperare di continuare a dialogare nonostante tutto. Quanti interrogativi per lesbiche, gay, bisessuali e transessuali nascono dal lavoro di Flaminia, intenso come il fuoco, che squarcia quella cappa che avvolge tutta la nostra comunità. Perché in fondo le istanze lgbt continuano a non essere in primo piano, ad essere subordinate alle altre istanze sociali.

Come i membri del gruppo viviamo nella perenne attesa di un’archiviazione del nostro agire che è poi il preludio della prescrizione dei diritti del nostro vivere. E chissà, forse ha ragione Nicoletta che in un momento di scambio di mail si definisce: “lesbica ma anche donna ma anche precaria e nemmeno più giovane”.
Gianfranco Meneo 

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